Erich Fromm raccoglie i saggi pubblicati con
il titolo “La disobbedienza” poco prima della sua morte. Il termine
di disobbedienza va qui inteso come sinonimo di resistenza. Resistenza al
consumismo, al ruolo di avviliti accumulatori di cose a cui ci
destinano i ”poteri di morte” del moderno Stato azienda. Alla teoria
dominante per cui l’obbedienza e una virtù, Fromm contrappone l’idea che
non solo la storia dell’uomo inizia con un atto di disobbedienza, ma
anzi che e stata proprio la disobbedienza a rendere l’uomo libero. La
prossima “armonia” non sarà più quella imposta da un’autorità esterna,
ma costruita dallo stesso essere umano con lo sviluppo delle proprie
facoltà razionali e della capacità di amare. Di questa lettura si trova
già traccia nei grandi miti dell’umanità, da quello giudaico di Adamo
ed Eva a quello ellenico di Prometeo. Prometeo, punito per aver rubato il
fuoco agli dei, non si pente, anzi: afferma orgoglioso di preferire
di “essere incatenato a questa roccia che non il servo obbediente
degli dei”. La storia dell’evoluzione umana si configura cosi come una
storia di atti di disobbedienza: “Non soltanto lo sviluppo
spirituale [dell’essere umano] è stato reso possibile dal fatto che
nostri simili hanno osato dire “no” ai poteri in atto in nome della
propria coscienza o della propria fede, ma anche il suo sviluppo
intellettuale è dipeso dalla capacità di disobbedire:
disobbedire alle autorità che tentassero di reprimere nuove idee e
all’autorità di credenze sussistenti da lungo tempo, e secondo le quali
ogni cambiamento era privo di senso”.
Specularmente, proprio l’obbedienza potrebbe essere la
causa della distruzione della civiltà sulla terra. Infatti, mentre la
scienza é progredita, le nostre concezioni della politica, dello Stato e
della società sono ancora quelle dell’età della pietra, tant’è
vero che se l’umanità si suiciderà sarà perché ci sarà chi obbedirà
al potere, a passioni arcaiche come la brama di possesso, agli obsoleti
cliché della sovranità statale. Gia da queste poche considerazioni
traspare come nel suo testamento spirituale Fromm contrappone a tutta
evidenza la capacita politica dell’individuo – e la disobbedienza é un
atto politico – all’incapacità politica del potere, che agisce invece in
base a concezioni dell’età della pietra. Ma cosa
significa esattamente disobbedire? Significa
paradossalmente obbedire, ma alla propria ragione o convinzione,
in quanto atto di affermazione anziché di sottomissione. Questo atto
di affermazione e ciò che chiamiamo, riferito a una persona,
autodeterminazione o “libertà”.
La sottomissione e il conformismo sono invece vie di fuga
dalla libertà. Imboccare queste vie significa sviluppare una personalità
autoritaria alla ricerca di un “protettore magico” (Dio,
principio, genitore, marito, superiore). Ciò avviene quando noi
obbediamo alla coscienza autoritaria, “cioè la voce interiorizzata di
un’autorità che siamo bramosi di ingraziarci e alla quale temiamo di
dispiacere”. Ma perché siamo cosi inclini a obbedire e cosi poco
a disobbedire? Perché l’obbedienza al potere dello Stato, della chiesa,
dell’opinione pubblica crea sicurezza. Diventando tramite
l’obbedienza parte del potere, ne assumiamo in parte la sua forza. Per
disobbedire occorre coraggio, bisogna liberarsi dalla paura della libertà,
il che pero e tanto più difficile in quanto per mantenere i propri
privilegi il potere sostituisce alla mera forza la persuasione di
modo che l’essere umano non deve, ma vuole obbedire.
A questo “super-io” autoritario si affianca sempre più
la dipendenza dal consumo che a sua volta approfondisce il vuoto interiore
da colmare con sottomissione e conformismo con la competitività quale
ulteriore corollario. La capacità di pensare criticamente può essere
paralizzata anche nell’applicazione di metodi di istruzione
progressisti laddove si inculca al giovane un empio rispetto per il
conformismo. Il pensiero deve essere invece, con le parole di Bertrand
Russell, “sovversivo e rivoluzionario, implacabile nei confronti del
privilegio, delle istituzioni ufficiali, delle comode
abitudini, anarchico e senza legge, indifferente all’autorità… “
(Principi di riforma sociale, 1970).
Di fronte al conformismo e alla sottomissione
resi sistema nel quadro di un’organizzazione sociale burocratica in
cui il consenso dei cittadini é catturato con i mezzi della suggestione e
della manipolazione, ecco la disobbedienza configurarsi come una
splendida virtù per una completa realizzazione dell’individuo nella sua
pienezza e nel reciproco arricchimento in seno alla società.
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