17.03.2014
Il Fatto Quotidiano – 17 marzo 2014
RICONVERSIONE ECOLOGICA, RIPARTIAMO DAL TERRITORIO
di Domenico Finiguerra | 17 marzo 2014
Una recente inchiesta del
quotidiano The Guardian sostiene che in Europa ci sono almeno 11 milioni di
case vuote, di queste 2 sono in Italia: un problema continentale, di carattere
sociale ed ambientale. Il nostro Paese ha perso dal ‘71 al 2010 quasi 5 milioni
di ettari di superficie agricola utilizzata. Questo è dovuto a due fenomeni:
l’abbandono delle terre e la cementificazione.
L’Italia poi è il terzo paese in Europa ed il quinto nel mondo nella
classifica del deficit di suolo. Ci mancano 49 milioni di ettari per coprire il nostro intero fabbisogno, pari a 61
milioni di ettari. Siamo destinati ad essere sempre più dipendenti dalla produzione di terreni di altri
paesi. Questi dati ci restituiscono a spot la fotografia di una situazione
drammatica che accomuna gran parte dei Paesi dell’eurozona, specialmente
Italia, Spagna, Germania, Portogallo, Francia. La “crisi del
mattone”rappresenta, in fondo, la crisi di un sistema e di un modello di
sviluppo che in troppi e per troppo tempo hanno ostinatamente inseguito
nonostante ci fossero campanelli d’allarme a preavvisare il disastro
puntualmente arrivato.
Da questa crisi si può a nostro avviso uscire in modo diverso da come
ci si è entrati. Non è uno slogan. La crisi strutturale internazionale che stiamo vivendo, a causa della
situazione economico-politica, deve essere affrontata con una consapevolezza e una sensibilità nuove, nel pieno
rispetto delle superfici non impermeabilizzate, dei fiumi, delle coste, del paesaggio e
dell’ambiente, con grande chiarezza e trasparenza. Muratori, carpentieri,
piastrellisti, installatori, lavoratori del cemento, lapidei, cavatori,
geometri, ingegneri, architetti, restauratori devono avere ancora un futuro
nelle costruzioni. Questa volta non per distruggere il territorio, ma per
valorizzarne la bellezza e per gratificarne la professionalità e la passione.
La riconversione ecologica deve rappresentare una delle sfide (a nostro
avviso la prima e irrinunciabile) che l’Europa deve vincere nei prossimi anni. La tutela del territorio,
accompagnata ad una riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati (capannoni, case,
fabbriche…), è uno dei grandi volani in grado di attivare occupazione a km zero (distribuita cioè là dove si attuano gli
interventi), ridurre l’impatto antropico e consentire circoli virtuosi di risparmio economico da reinvestire in
altri interventi di sostenibilità ambientale. Insomma, per riassumerla in uno slogan, fare del bene
all’ambiente non solo è necessario, ma possibile e conveniente.
Tutto questo è fondamentale non solo per ridurre i consumi energetici e
tutelare un bene comune come il territorio. A riavvolgere infatti il nastro degli ultimi sessant’anni
di storia del nostro Paese si scopre che nel periodo compreso tra il 1950 e il 2012 ci sono state oltre mille frane
e settecento inondazioni in 563 località diverse, che sono costate la vita a novemila persone, con
oltre 700mila sfollati. Per non parlare dei danni al patrimonio artistico e culturale. Solo l’alluvione di Firenze
del 1966 ha danneggiato 1500 opere d’arte e 1.300.000 volumi della Biblioteca nazionale. Novemila persone
sono un paese intero. Novemila persone sono 15 chilometri di corpi distesi sul
ciglio di una strada.
Provate a pensarci, forse è la distanza che percorrete ogni giorno per
andare al lavoro. Immaginatevi di essere accompagnati da tutte le vittime di
questa guerra che per la maggior parte del tempo non fa rumore, tace, agisce
sotto traccia, costruendo le proprie vittime nel giorno per giorno di
costruzioni abusive, condoni edilizi, paesi abbandonati, campagne sacrificate
al “progresso”, fiumi spostati e golene infestate di capannoni e seconde case.
Pensate a tutto questo, per qualche istante, perché è importante visualizzare
lo scempio di questa assurdità.
A leggere tutti i numeri di questa storia vengono i brividi, e sono
cifre più che attendibili che ci fornisce lo Stato in persona, nelle sue tante diramazioni istituzionali. I comuni
italiani interessati da frane sono 5.708, pari al 70,5% del totale: 2.940 sono stati classificati con livello di
attenzione molto elevato. L’Italia è un paese a elevato rischio idrogeologico. Le frane e le alluvioni sono le
calamità in-naturali che si ripetono con maggior frequenza e causano, dopo i terremoti, il maggiore numero di
vittime e di danni. Solo negli ultimi dieci anni sono stati spesi oltre 3,5 miliardi di euro con ordinanze di
Protezione Civile per far fronte a eventi idrogeologici.
Ciò che serve, dunque, è un’operazione senza precedenti coordinata a
livello europeo di manutenzione straordinaria dei nostri edifici pubblici (a partire dalle scuole), dei
corsi d’acqua e delle montagne, diffusa e capillare, in grado quindi di generare ricchezza, occupazione e
sicurezza. Affiancare agli interventi manutentivi un’altrettanto radicale opera di informazione e formazione
dei cittadini e delle comunità locali. Un lavoro quotidiano, per i prossimi anni, in grado di mettere al
centro dell’attenzione dell’opinione
pubblica la questione del paesaggio e di un prendersi carico collettivo
della sua tutela.
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